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Alta Versilia: chiese nel bosco

Raggiungere a piedi una chiesa per celebrare la Messa, camminando lungo un sentiero di montagna, non è certo evento frequente per qualsiasi prete dei nostri tempi: figuriamoci per un vescovo. Eppure Giovanni Paolo Benotto, arcivescovo di Pisa e quindi pastore anche delle comunità dell’Alta Versilia, domenica 26 giugno si è recato di nuovo sulle pendici delle Apuane per onorare degnamente la memoria di San Giovanni Battista, titolare della chiesetta dell’alpeggio di Campanice, a 1053 metri di quota. Vi è salito da Ponte Merletti, presso l’ingresso nord della Galleria del Cipollaio, assieme al suo segretario don Salvatore Glorioso, al parroco di Terrinca don Bernard Byczek e ad almeno 350 fedeli del territorio. Dopo la concelebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo e animata dalla corale di Vallecchia e dal coro di Terrinca, Levigliani e Retignano, i fedeli si sono incamminati in processione dietro una statua del Battista, donata dai cavatori di cui era protettore, attraverso i terreni un tempo coltivati, rispettando così l’antica tradizione della loro benedizione in questa circostanza. C’è stata poi l’altrettanto tradizionale benedizione dei panini azzimi di San Giovanni, che sciolti in acqua venivano usati al bisogno anche come medicinale, quindi è seguito il bacio della reliquia del Santo e, infine, una festosa tavolata con gli immancabili «tordelli».

Non era la prima volta, dicevamo, che monsignor Benotto saliva nei luoghi montani dell’Alta Versilia. Lo aveva fatto già a partire dal 2009, recandosi nella vallata di Petrosciana, sotto il Monte Forato, poi ancora il 10 agosto 2013, in occasione del centenario della posa della croce sulla cima settentrionale dello stesso monte, dove aveva celebrato la Messa. I festeggiamenti, nella circostanza, erano proseguiti presso il palazzo Papanti di Petrosciana di Sotto, presso cui è l’altra chiesetta montana di Santa Maria Maddalena, di cui parla dettagliatamente Anna Guidi nel suo articolo in queste stesse pagine. Lo scorso anno poi, in occasione della Visita pastorale nel vicariato, fu la volta di Puntato (altro alpeggio di Terrinca nel cui oratorio dedicato alla Santissima Trinità il 12 luglio aveva battezzato due bambini), poi di Col di Favilla, paese montano abbandonato dove si era recato alla fine dello stesso mese, e anche del rifugio Giuseppe Del Freo alla Foce di Mosceta, dove pure aveva celebrato Messa.

Un’attenzione dunque davvero particolare, quella dell’arcivescovo di Pisa per questa «periferia» della sua diocesi: ma va anche detto che è stata resa possibile dall’attenzione ancor più grande che gli abitanti dello Stazzemese hanno avuto e continuano ad avere per le loro chiesette e oratori montani, salvati dal degrado e tuttora vitali grazie all’amore e all’impegno della popolazione, al punto che oggi costituiscono un unicum a livello toscano meritevole di essere ulteriormente valorizzato, magari attraverso la proposta di percorsi tematici attraverso i sentieri, già esistenti, curati dal Cai e dall’ex Comunità Montana, oggi Unione di Comuni. Luoghi di fede che si aggiungono come pietre preziose alle tantissime marginette situate lungo la fitta rete pedonale montana, che oggi come in passato offrono a chi la percorre riparo alla calura o al maltempo invitando al tempo stesso a un momento di raccoglimento e di preghiera. Tutti, dicevamo, nel territorio comunale di Stazzema, senza però dimenticare la cappella di Santa Maria Maddalena a Campagrina , di pertinenza della comunità di Basati in quanto nata come oratorio dell’alpeggio di Bétigna, situato al di là del Colle Cipollaio, ampio e accessibile valico tra Versilia e Garfagnana sottoattraversato dalla galleria stradale. Come nel caso di Campanice, Puntato, Colle di Favilla (nato come alpeggio di Levigliani, poi paese abitato tutto l’anno) e anche Petrosciana, siamo anche qui già sul versante garfagnino, nella cui parte più alta si estende, al pari di Stazzema, anche il comune di Seravezza. E proprio a Seravezza, di cui Basati è frazione, appartiene la chiesa, mentre l’abitato di Campagrina, oggi in comune di Stazzema ma un tempo nel territorio di Vagli Sotto come il vicinissimo paese di Arni, fa riferimento alla parrocchiale qui situata, dedicata a Sant’Agostino e, per via della precedente suddivisione, situata dal 1992 in diocesi di Lucca e prima ancora in quella massese (Apuania). Proprio nel luglio di dieci anni fa, in occasione della festa titolare, i basatini sono tornati a dir messa nella loro chiesetta di origine seicentesca, che ha la caratteristica di essere facilmente raggiungibile per strada, a differenza delle altre montane, e di avere il campanile staccato dall’edificio e collocato ben distante sopra un piccolo rilievo roccioso.

Sia Campanice che Puntato appartengono invece, come dicevamo, alla comunità terrinchese, che ha la caratteristica di aver dato in passato alla Chiesa numerosissimi frati e che, negli anni Novanta, ha provveduto al restauro di entrambi gli oratori, il primo dei quali settecentesco e l’altro risalente al 1680, quando, come si legge nel libro di Giulio Paiotti Il paese di Terrinca, «nacque con trentadue iscritti, tutti di Terrinca, i quali si impegnarono per 19 staia di grano all’anno affinché fosse eletto un cappellano, che officiasse d’estate l’Oratorio con il fondo da ricavarsi dal grano suddetto». Prima del restauro, la chiesetta di Puntato – raggiungibile da diversi sentieri, il più breve dei quali con partenza dal valico di Fociomboli, dove giunge una strada sterrata proveniente dal Passo di Croce – era stata praticamente trasformata in un ovile nonché fatta oggetto di atti vandalici. Stessa sorte, anzi ancor peggiore, era toccata nel 1977 alla chiesa di Sant’Anna a Col di Favilla, già allora spopolato ma sempre presente nel cuore dei suoi vecchi abitanti, i «collettorini», che lo avevano completamente abbandonato in poco meno di un decennio a partire dal 1952 ma vi ritornavano alla fine di giugno di ogni anno per celebrare la loro patrona. «Mani sacrileghe ed ignote – scrive Oriente Angeli in Col di Favilla racconta – misero a ferro e a fuoco la chiesetta. Distrussero la statua di Sant’Anna, bruciarono i sacri arredi, sottrassero le cornici della Via Crucis ricavata da stampe, distrussero il sepolcro di Don Cosimo», ovvero don Cosimo Silicani, l’amatissimo e poliedrico parroco che resse la chiesa dal 1897 al 1942, anno della sua morte. Immediatamente i collettorini costituirono un comitato; la chiesa fu restaurata e per la festa di Sant’Anna del 1979 accolse la nuova statua della patrona proveniente in processione dal non lontano oratorio di Puntato.

Più recente è invece il recupero dell’oratorio di San Leonardo sopra Cardoso, la frazione stazzemese duramente colpita dall’alluvione del giugno 1996, iniziato da una decina d’anni e ancora in via di completamento. Non si è mai interrotta, invece, la tradizione della festa, se non per i due o tre anni immediatamente successivi all’alluvione: un tempo si celebrava il martedì successivo alla Pentecoste, oggi in una domenica comunque nello stesso periodo, tra maggio e giugno. A partire dal 2004 è tornata anche la tradizione degli Uomini della neve, un gruppo di cardosini che, come i loro antenati, salgono ad ore antelucane fino alla Buca della neve, sul versante est della Pania della Croce, per raccogliere nelle gerle la neve che lì ancora resiste e farne, al ritorno, granite da offrire ai presenti. Tra le altre attrattive che seguono la celebrazione liturgica, oltre all’immancabile mangiata, c’è anche la realizzazione di trombe rudimentali con la corteccia d’albero e la sfida a chi le suona meglio. Al di là del folclore, la chiesetta montana risale presumibilmente risalente all’XI o XII secolo e fu punto di riferimento dei paesi delle Casamente e delle Campore, distrutti, secondo una tradizione storicamente fondata, da Castruccio Castracani intorno al 1325: ma i cardosini la considerano come il loro santuario, con alle spalle un culto singolare. San Leonardo di Noblac era infatti considerato il patrono delle partorienti nonché dei carcerati e sembra che il luogo, appartenente al Granducato di Toscana (che aveva abolito la pena di morte nel 1786 oltre a promuovere un generale alleggerimento delle pene) ma vicino al confine con i Ducati di Lucca e di Modena (che viceversa l’avevano mantenuta, assieme a un sistema penale più rigido) abbia con molta probabilità ospitato persone provenienti dagli Stati limitrofi, dove sarebbero state condannate. Lo narrano storie tramandate di padre in figlio che raccontano di briganti accolti nei metati (seccatoi per le castagne) ai quali la popolazione portava quotidianamente da mangiare. E non a caso dietro l’altare delle chiesetta si trovano ancora oggi delle manette d’inizio Ottocento: quelle stesse manette che il Santo mostra aperte nelle sue raffigurazioni tradizionali.

Santuario con tutti i crismi è invece quello ottocentesco della Madonna del Bell’Amore al Piastraio, che si trova al bivio dei sentieri che da Ponte Stazzemese e dalle Mulina, dopo essere qui confluiti, conducono alla Pieve di Santa Maria Assunta a Stazzema, situata all’inizio del paese sullo spiazzo detto il Saldone. È stato riaperto al culto nel 2012 dopo un periodo di chiusura dovuto anche alle difficoltà di accesso, con il sentiero proveniente da Ponte Stazzemese che era stato praticamente distrutto dall’alluvione di 20 anni fa e che è stato poi completamente ricostruito ad opera dell’Unione di Comuni. Fu la devozione dell’anziana vedova Bartolomea Bertocchi a commissionare a un pittore, nel 1772, una nuova immagine in sostituzione di quella ormai deteriorata di una grande marginetta che si trovava qui e di cui la donna era custode. La nuova opera attrasse centinaia di pellegrini tanto che agli inizi dell’Ottocento si pose mano alla costruzione della chiesa, completata nel 1821: e numerose furono le testimonianze delle grazie ricevute dalla popolazione.

L’ultima chiesetta montana del Comune di Stazzema, dedicata a San Rocchino, si trova sull’omonimo valico, oltre Pomezzana, lungo crinale che dal Monte Matanna si dirige verso il Gabberi separando l’Alta Versilia dal territorio di Camaiore e in particolare dalla frazione di Casoli. È raggiungibile tramite una strada forestale e al momento è l’unica bisognosa di consistenti lavori, ma le buone intenzioni ci sono tutte: non è utopistico sperare che don Simone Binelli, parroco di ben otto comunità stazzemesi – Pruno, Volegno, Cardoso, Ponte Stazzemese, Mulina, Stazzema, Farnocchia e Pomezzana – possa presto salirvi a inaugurare il restauro e a celebrarvi di nuovo la Messa. O a concelebrarla, se a presiederla – e non sarebbe una sorpresa – dovesse essere di nuovo l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto.

Marco Lapi
Pubblicato su "Toscana Oggi" dell'11 settembre 2016

Commenti

05-03-2017 - 14:03:42
Valeria Leto

Ho partecipato vari anni alla festa in Campanice. Leggere questo articolo mi ha fatto ricordare quando andavo lì con mio nonno, Paradiso Silvestri. Faceva infatti parte di quelle famiglie terrinchesi che portavano gli animali all'alpeggio estivo. Consiglio a chi non ci è mai stato di andare il 26 giugno: scampagnata e tordellata a seguire!!!

29-10-2018 - 13:10:18
chiara masetti

una meraviglia

14-06-2022 - 10:01:30
Mariangela Vaccaro

Buongiorno, so che esiste un libro " La cronaca e la storia raccontata dai suoi parroci dal 1891 al 1994" della parrocchia di Terrinca. Io abito in provincia di Savona e non lo trovo. Esiste ancora in loco? Sarei interessata.
Email: prezzemolino1@gmail.com

Grazie

26-10-2022 - 06:23:09
Antonio Rinaldo Cinquini

Non sono religioso, ma da amante delle Apuane e delle tradizioni dei suoi abitanti, ho trovato questo scritto veramente molto interessante

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