Il marmo nell'architettura rinascimentale a Pisa: dalla tradizione locale alle moderne proposte “all'antica”

Data: 12-07-2008
Luogo: Argentiera, Parco di Villa Moresco

Relatore: Ewa Karwacka Codini

Pisa, sottomessa alla repubblica fiorentina, oltre a costituire un territorio importante dal punto di vista politico e commerciale, suscitava interessi di natura culturale, attirando dal XIII al XVI secolo le frequentazioni di artisti "stranieri" che trovarono qui un’importante scuola. Nei primi decenni del ’400 le ricerche del nuovo linguaggio appaiono, difatti, notevolmente influenzate dalla tradizione locale. Tradizione che instauratasi nel medioevo pisano, e così virtuosamente espressa nelle architetture della Piazza del Duomo, venne proseguita fino agli inizi del Cinquecento dalle botteghe locali specializzate nella lavorazione in marmo. Non deve sorprendere, quindi, che Pisa abbia costituito per Firenze, e non solo per essa, un importante punto di riferimento per gli artisti nel ’400. Gli artisti "padri" di arte rinascente, oltre ad avvalersi dell’esperienza degli artigiani pisani esperti nell’arte del marmo, potevano trovare nella decorazione plastica del Duomo i "germi" per offrire nuove proposte dell’arte moderna "all’antica". La città rivestì, dunque, un vero e proprio ruolo di laboratorio. ricco com’era di reperti antichi e di richiami di età poco precedente e dotato di conoscenze nell’arte della lavorazione dei marmi, in cui gli artigiani pisani erano, appunto, esperti. Laboratorio, cioè, particolarmente predisposto per una rivisitazione della tradizione del classicismo sopravissuto nel medioevo. Nel Quattrocento la città non solo ebbe il ruolo di sede esecutiva per gli incarichi esterni nella lavorazione in marmo (ad esempio, a Pisa furono lavorati archi e colonne in marmi di Carrara destinati al chiostro del convento di santa Maria di Monte Oliveto a Napoli; e, ancora a Pisa, vennero sbozzati i "marmi all’uso antico" per la fiorentina chiesa di santa Maria Novella), ma dimostrò il recepimento delle nuove idee architettoniche, come si evince dalla realizzazione del loggiato marmoreo del Palazzo arcivescovile, promossa a partire dal 1461 dal primo arcivescovo della casa medicea, Filippo. Con la diffusione della pietra serena nell’ambiente pisano, favorita dalla cultura e dalla politica economica fiorentina, l’uso del marmo in architettura non verrà abbandonato, ma proseguirà in varie fabbriche nella seconda metà del ’400 per essere ripreso poi alla fine del ’500 durante il granducato di Ferdinando I. La divergenza dai prototipi fiorentini, forse dovuta a una diversa sensibilità intellettuale della committenza desiderosa di sottolineare il legame con la tradizione locale, si manifestava tuttavia soprattutto nell’uso del marmo bianco di San Giuliano per l’ornato delle facciate in alcune residenze gentilizie. Al marmo bianco si ricorse anche nell’edificio della Loggia dei Banchi che, con la sua monumentalità espressa dal materiale e dalla forma classica, introdusse un segno forte nel nuovo centro amministrativo e commerciale della città che si stava affermando di là dall’Arno.


 

 

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